Pierluigi Zappacosta, Abruzzo profondo ed i nuovi servi della gleba nell’economia capitalista…”

Alla vigilia del 2011 appuriamo che l’Italia non è un paese per imprenditori…

Ed a differenza di quanto dichiara l’imprenditore di successo (di origini italiane ma emigrato negli USA) citato nell’articolo sottostante, non risorgerà neppure quando avrà toccato il fondo, probabilmente continuerà a scavare in profondità …

 

E’ il frutto di una impostazione politica parassitaria e saccheggiatrice che deriva dall’Unità d’Italia, e da allora si è progressivamente incancrenita, perché alla greppia parassita e parossistica hanno voluto partecipare in troppi (prostituendosi con aspra competizione reciproca), superando ampiamente i livelli fisiologici di sopportazione per la gente onesta e lavoratrice, distruggendo le risorse pubbliche e le potenzialità latenti del nostro paese, che era straordinario, più unico che raro, ma che sono riusciti a devastare e deprimere. Le energie umane migliori ormai sono emigrate o sono emarginate (inertizzate come per i “rifiuti”) o in stand by, il resto come direbbe Sciascia, sono ominicchi, pigliainculo e soprattutto quaquaraquà, e sono loro che gestiscono il potere materiale, ma sono solo burattini, il potere vero è altra cosa e chi lo gestisce non compare mai mediaticamente.

Claudio Martinotti Doria

 

C’ERA UNA VOLTA… L’IMPRENDITORE!

 

Caspita, pensa che ha iniziato nel sottoscala di casa”. Le parole sono di un amico che mi raccontava di un suo collega imprenditore meccanico che, dopo aver iniziato negli Anni sessanta ha accumulato una fortuna grazie al suo lavoro. Un medio imprenditore come tanti in Lombardia e Veneto, che oggi è titolare di un paio di aziende in Italia e un paio all’estero.

 

Musica per le orecchie di un libertario. Musica irripetibile però. Dato che oggi, anno 2007, la regolamentazione asfissiante e la tassazione esorbitante fanno a pensare a quei tempi come ad un sogno irripetibile.

 

L’ingegnere Pierluigi Zappacosta, californiano d’adozione, ma abruzzese d’origine è l’inventore del Mouse e il fondatore di Logitech. Tempo fa, è tornato in Italia per investire qualche soldino su invito di un amico d’infanzia. Intervistato dal Sole 24 Ore ha spiegato: “Poco più di un anno fa mi ha scritto un commercialista di Pescara, spiegandomi che a Chieti Scalo, la periferia della periferia dell’economia italiana, c’erano tre ragazzi che lavoravano a un progetto per trasformare energia solare in energia elettrica. Avevano chiesto un finanziamento a una banca locale, ma le banche italiane non finanziano le idee. Gli avrebbero dato soldi solo se avessero mostrato di possedere un capannone. Se raccontassi una cosa del genere ai venture capitalist che hanno fatto la fortuna della Silicon Valley, non saprebbero se ridere o piangere. Quando ho conosciuto questi ragazzi di Chieti Scalo ho capito che il loro progetto era valido e che sarebbe stato un delitto non offrirgli una possibilità. Se è vero che il sistema Paese non funziona, è altrettanto vero che in Italia esistono talenti e forze creative. Per questo mi è tanto doloroso constatare che non possono esprimersi”.

E non sono solo i banchieri ad essere uno dei tanti gangli si Stato.

 

La parte del leone la fanno i politici, sui quali Zappacosta ha le idee chiare: “La decisione di imporre alle aziende di assumere persone a tempo indeterminato dimostra che la maggior parte dei politici non capisce nulla di economia. Forse anche perché nella loro vita, a parte occuparsi di politica, non hanno mai fatto alcunché di produttivo. La libertà di assumere è indissolubilmente legata a quella di licenziare. Un mercato del lavoro flessibile è un mercato del lavoro dinamico e quando si perde un lavoro si entra subito nell’ottica di trovarne un altro. La logica a cui si ispirano le leggi italiane è vecchia, legata a quando il lavoro da tutelare era quello delle fabbriche. L’economia e la società sono cambiate, oggi la maggior parte dei lavori sono nel comparto dei servizi.

 

Ma qui la classe politica, e in certa misura la classe dirigente nel suo complesso, fa finta di non accorgersi dei cambiamenti”. Tombola.

 

Senza dubbio l’ingegnere – che ha lasciato il “Belpaese” oltre trent’anni fa – non ha voluto calcare la mano in merito al resto della legislazione italiana in tema di lavoro. Decine di carte da compilare, stupidi burocrati coi quali trattare, bolli, imposte, regolamentazioni assurde da rispettare, notai e commercialisti da pagare senza motivo sono il percorso ad ostacoli che ogni imprenditore deve superare per trasformare la sua idea in un’attività concreta. Sono gli ostacoli che oggi non permettono ad alcuno di diventare come l’amico di quel mio amico che abbiamo citato all’inizio di questo pezzo.

 

E quando a Zappacosta i giornalisti italiani hanno chiesto se fosse ottimista di come funziona la baracca Italia, la risposta è stata questa: “In realtà no. Resto convinto che fare impresa in Italia sia molto più difficile che altrove e che ci vorrà e molto impegno condiviso per cambiare il sistema. E poi sono d’accordo con l’analisi fatta di recente dall’Economist: gli italiani devono toccare il fondo prima di darsi una mossa. E il fondo non l’abbiamo ancora toccato”. Mica male, buon 2011.

Leonardo Facco

 

Tra i commenti all’articolo, ho inserito questo che ritengo appropriato:

 

L’articolo di Leonardo Facco fa riferimento al 2007; oggi è peggio. Non solo per quel che riguarda l’accesso al credito da parte di chi è possessore solo di idee e intraprendenza giovanile come nel caso raccontato nell’articolo ma anche perché senza una serie di autorizzazioni, di timbri, di controlli, di pareri, che costano soldi, non puoi muovere un cacciavite, piazzare una scrivania, allacciare un’utenza elettrica e se “hai la forza” di iniziare insieme ad un collaboratore allora le cose si complicano perché subentra la sicurezza, lo spogliatoio, il bagno, il lavandino, l’illuminazione, il rumore, il riscaldamento, la ventilazione, ecc.

 

Una volta potevi (il miracolo del nord-est ne è stato un esempio) iniziare veramente in cantina o nella stanzetta, per certe imprese con pochi spiccioli, e da lì partiva la “scalata sociale”, gradino dopo gradino da: tutto solo, poi il cugino, poi un secondo collaboratore, poi l’idea di un capannoncino e/o un ufficetto e piano piano si salivano gli scalini. Oggi o sei erede di Agnelli o Berlusconi e resterai sempre ciò che era tuo padre e tuo nonno; se non finisci peggio: all’indietro come il gambero!

(Movimento Libertario http://www.movimentolibertario.it/)

 

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